Tommaso Agostini

a cura di Giuseppe Magroni
foto di Alberto Mirimao

Le origini

Si respirano odori antichi, quelli delle vecchie macellerie e norcinerie, nella bottega da Renato in piazza del Mercato.

Il maestro artigiano di questo tempio dei sapori si chiama Tommaso Agostini, 54 anni, gran parte dei quali trascorsi all’interno di questa bottega. Sempre lì, in piazza del Mercato, dai tempi in cui quel luogo era il centro del commercio cittadino. “Mio padre Renato – racconta Tommaso Agostini –  apre nel 1966, sempre qui, in questo negozio. Io, figlio unico, comincio ad aiutarlo da quando avevo dieci anni. Bisogna essere sinceri, mi è piaciuto subito anche perché, a quei tempi, il commercio a Terni viveva momenti belli”. Tommaso Agostini frequenta a Terni le scuole dell’obbligo poi si trasferisce a Todi, all’Istituto agrario, con specializzazione nella zootecnia, quella che sarebbe servita al futuro mestiere. “Vivevo nel convitto – ricorda – ma tutti i fine settimana, i ponti e le vacanze estive tornavo a Terni e finivo in bottega, per me imparare l’arte di mio padre era una soddisfazione e un divertimento”.

Macellaio e norcino sono mestieri molto complessi. “La cosa più difficile – spiega – è quella di scegliere la carne quando è ancora viva, negli allevamenti. Noi ci sporchiamo le scarpe con lo stabbio per scegliere il capo giusto da comprare. Bisogna capire quello che va bene. In zona ci sono ancora buoni allevamenti. Purtroppo per la macellazione, oggi che non c’è più il mattatoio a Terni, bisogna andare fino ad Orte e questo ha comportato un aumento dei costi notevole”.

Renato e sua moglie insieme al loro figlio Tommaso

Studio e pratica, pratica e studio. “La formazione dell’Istituto agrario di Todi è stata importante, ma chi mi ha insegnato a conoscere l’arte della macelleria è stato mio padre. Ero figlio unico, sapevo che la bottega sarebbe finita a me, dunque sentivo il dovere di dare una mano all’attività”. Tommaso si diploma nel 1987; inizia subito ad affiancare i genitori nel lavoro poi, nel 1998, subentra nella gestione dell’attività insieme alla moglie Monica Di Profio che da allora condivide con lui il peso e le soddisfazioni della bottega..

Tommaso e la moglie Monica

Il mestiere

E’ difficile tagliare un vitello? “Il sezionamento dell’animale è tutto mestiere che si impara con l’esperienza. Tra una muscolatura e l’altra, quasi fosse una linea di confine, ci sono i veli, una pellicola che separa le muscolature. Il velo separa una parte muscolare dall’altra. Con il coltello devi separare il velo, come fossi un chirurgo, dal muscolo. Se sbagli, il taglio viene male. I tagli su un vitello intero sono una trentina”.

Pasqua si avvicina e sul banco, omaggio per i clienti, c’è un piatto con pizze di formaggio e lombello e una bottiglia di vino bianco. Una vera specialità. L’accoglienza, il dialogo, le battute, in una parola il calore, questo caratterizza la bottega di piazza del Mercato.

La storia

Renato Agostini, il fondatore, lavora come macellaio; l’attività della norcineria inizia con il figlio Tommaso nei primi anni ’90. “Lavorare il vitellone – spiega l’artigiano – è più facile; le difficoltà stanno soprattutto nei tagli. Lavorare il maiale è molto più complicato, a iniziare dalla stagionatura”.

Del maiale, Tommaso Agostini conosce tutto e utilizza tutto. Sui suoi banconi ci sono prodotti tradizionali e prodotti quasi introvabili, frutti di una sapienza artigiana che sta quasi scomparendo: prosciutti, spalle, lombelli, capocolli, salsicce, salami, mortadella, pancetta, porchetta, sanguinacci, sfrizzoli, strutto, coppa e budelli salati.

Intervistare Tommaso è complicato perché nel negozio di piazza del Mercato entra continuamente gente, a dimostrazione che la qualità paga anche se si è in un luogo, piazza del Mercato, da decenni in attesa di una riqualificazione. I clienti della macelleria – norcineria Da Renato sono residenti del centro storico, delle periferie e dei paesi del circondario. Per la gran parte clienti abituali. “Vengono gli anziani, ma anche i figli e i nipoti dei vecchi clienti, gente che è entrata in negozio quando aveva i calzoni corti e che ha continuato a venire quando è diventata adulta. Serviamo anche un po’ di ristoranti, ma solo quelli di qualità, quelli che rispettano la tradizione”.

La bottega di Renato Carni

La tradizione

“I miei clienti – dice l’artigiano – vengono per la qualità del prodotto ma anche per il dialogo, quello che non si trova nei centri commerciali dove vige la regola della fretta nel consumo. Noi forniamo consigli, spieghiamo il prodotto, da noi c’è l’atmosfera delle vecchie botteghe di una volta”.

Antichi sapori e parole.

Quello del sabato mattina per i clienti di Renato è quasi un appuntamento di culto; oltre ai prodotti tradizionali crudi, si serve anche roba cotta. “La porchetta c’è sempre – spiega Tommaso – che si accompagna a volte con i fagioli con le cotiche, a volte con la padellaccia o con la trippa. Cose un po’ particolari. Ci sono quelli che non hanno mai assaggiato la padellaccia, non sanno nemmeno cosa sia, ne restano affascinati poi magari tornano con gli amici. E’ il classico passa parola che da noi funziona tantissimo”.

C’è un profumo acuto di carne, di carne salata di maiale nell’aria. La conversazione con Tommaso è interrotta dalle richieste dei clienti: “Bistecchine disossate ce l’hai?… Due filetti, ognuno deve pesare 250 grammi… Per me cinque pacchetti di salsicce di cinghiale… Voglio un pezzo di muscolo…”.

Per la Terni che ama i prodotti alimentari di qualità “Renato” è da sempre un punto di richiamo. Ma i fatturati, lamentano i titolari, non sono più quelli di quando nella piazza c’era ancora il vecchio mercato pieno di banchi e di contadini che vendevano i prodotti del loro fondo.

“Quando c’era ancora il vecchio mercato coperto – ricorda Monica Di Profio – la piazza era vivace, viva, piena di confusione, colori, schiamazzi. Quando si diceva, andiamo al mercato, tutti venivano qui. La gente che veniva in negozio era molta di più, incomparabile, di certo non avremmo avuto modo di colloquiare in tranquillità come stiamo facendo adesso”.

Eppure Monica e Tommaso sono tra i pochissimi che hanno resistito al lungo e progressivo abbandono di piazza del Mercato. Come avete fatto?

“Impegno, sacrificio – risponde Monica – quello che oggi chiamano resilienza. Cocciutaggine, pazzia, non gliela voglio dare vinta. Anche se è difficile lavorare in un centro storico che si sta spopolando e dove la popolazione è sempre più anziana. E un anziano, si sa, consuma meno”.

Oggi

A breve dovrebbero iniziare i lavori per fare del vecchio mercato coperto il nuovo Superconti centro. Monica è scettica: “A breve? Non ci crediamo. Abbiamo subìto troppe delusioni; siamo disillusi. Se completano i lavori tra vent’anni a noi poco ci cambia”. Per la coppia è tutto il centro storico che deve cambiare: “Serve una politica che riqualifichi il centro. Arredo urbano, fiori, piante, eventi, deve essere una bellezza passarci, passeggiare. Poi deve riaprire il Verdi. Non può esistere un centro senza il suo teatro storico”.

Tommaso e Monica sono ancora giovani ma il loro unico figlio, Matteo, ha preso un’altra direzione lavorativa, fa lo psicologo. “Qualche volta – dice Tommaso – ci viene ad aiutare, gli piace, ma sicuramente non subentrerà a me come io a suo tempo feci con mio padre. Il grosso rimpianto è che non si presenta mai nessun ragazzo in negozio con la voglia di imparare”.

Chi ha interesse, ascolti il messaggio, l’artigianato è oggi più che mai una miniera di occasioni di lavoro.